Jnana Yoga è il percorso dell’intelletto superiore. Esso cerca di raggiungere la conoscenza di Dio (Brahman) attraverso un’infallibile capacità di discernere tra ciò che è reale e ciò che è irreale, o illusione universale (maya).

Nella lingua sanscrita, jnana si traduce come “conoscenza”. Ma conoscenza non significa solo semplice informazione, cioè scoprire qualcosa che prima non sapevamo. Jnana è l’opposto dell’ignoranza spirituale nel senso più ampio.

La spiritualità orientale considera l’ignoranza (avidya) la radice della sofferenza umana, la causa di tutte le illusioni che generano dolore. L’analogia più utilizzata in questo senso è quella di un uomo che sogna, e nel sogno è terrorizzato da una tigre che vuole mangiarlo.
La soluzione non è sbarazzarsi della tigre – in ogni caso – ma svegliarsi. Al risveglio, l’uomo raggiunge la conoscenza (jnana) della realtà, nella quale scopre che la tigre non esiste: era solo un sogno, un’illusione.

Allo stesso modo, jnana o conoscenza qui ha il significato di esperienza diretta e immediata della Realtà Ultima, il supporto reale e trascendente di ogni esperienza possibile, chiamata Coscienza Ultima, il Sé Supremo o Assoluto. Questa conoscenza/esperienza ultima costituisce di per sé la liberazione spirituale e allo stesso tempo rappresenta il contenuto benefico e costruttivo del concetto di jnana, cioè non solo la rimozione dell’ignoranza, dell’illusione, ma anche il “possesso” del Reale, della Verità. Esattamente ciò che nel cristianesimo viene espresso da Gesù con le parole “conoscete la Verità e la Verità vi renderà liberi”.

 

Jnana Yoga nei testi antichi

Nelle Upanishad, testi fondamentali dell’insegnamento indiano, l’obiettivo dello Jnana Yoga è definito come “la realizzazione dell’identità essenziale tra il sé individuale e il Sé Supremo”. Questa unità è espressa dal famoso mantra delle Upanishad: “tat tvam asi” – “tu sei Quello”.

Nella Bhagavad-Gita (III.3), Krishna dice al suo allievo Arjuna: “Ho rivelato, da tempo immemorabile, due vie fondamentali di perfezione spirituale: lo yoga della saggezza (Jnana Yoga) per i seguaci della filosofia Samkhya e lo yoga della saggezza yoga dell’azione (Karma Yoga) per tutti gli yogi”. Qui, il termine “aderenti alla filosofia Samkhya” designa in realtà coloro che si avvicinano a metodi e pratiche contemplative come Krishna rivelò che la tecnica principale del Jnana Yoga è proprio la meditazione profonda.

Qualità necessarie nella pratica dello Jnana Yoga

Nel periodo classico, lo Jnana Yoga era rappresentato al meglio dalla scuola Advaita Vedanta, il cui principale esponente è Adi Shankara (VIII secolo d.C.). Egli sottolinea quali qualità sono necessarie affinché lo yogi inizi a percorrere questo sentiero:

Viveka, la capacità di discernere correttamente tra la sostanza eterna, Brahman, e l’esistenza effimera;

Vairagya, la capacità di distaccarsi completamente da tutti gli aspetti illusori dell’esistenza condizionata;

Sama, controllo sulla coscienza;

Dama, perfetto controllo degli organi di senso;

Uparati, il costante volgere dei sensi e dell’attenzione verso l’interno, rinunciando all’attrazione verso gli oggetti del mondo esterno;

Titiksa, la capacità di sopportare gli effetti di coppie di opposti, come: piacere e dolore, caldo e freddo, lode e rimprovero, ecc.;

Sraddha, ferma fede nel sentiero e nel maestro;

Samadhana, la capacità di fissare perfettamente la coscienza sulla meta proposta, sull’oggetto di meditazione;

Mumukshutva, fervente desiderio di liberazione.

Una volta ottenute queste qualifiche, allo yogi viene poi chiesto di ascoltare attentamente gli insegnamenti esposti dal maestro. E’ importante che egli vi rifletta profondamente per poi meditarvi incessantemente. Lo farà finché l’essenza dell’affermazione “tu sei Quello” non sarà sperimentata direttamente, totalmente e al di là di ogni dubbio.

Nell’era moderna, rappresentanti di spicco del Jnana Yoga includono Swami Vivekananda, Ramana Maharishi, H.W.L. Poonja.