La parola sanscrita Kriya deriva dalla radice kri che significa “fare”, “agire”. Questa vera scienza spirituale è definita come “unione (yoga) con l’Infinito mediante qualche azione specifica”.
Vengono utilizzate tecniche di pranayama, mudra e mantra, che insieme accelerano l’evoluzione spirituale dell’essere umano e gli permettono l’accesso ad un profondo stato di comunione con Dio.
L’origine di questa forma di yoga si perde nella notte dei tempi. Sembra, però, che sia stato Babaji a chiamarlo Kriya Yoga e a renderlo noto in tempi moderni.
Ecco le parole che Babaji disse al suo discepolo, Lahiri Mahasaya, prima di iniziarlo ai segreti di questa forma di yoga: “Il Kriya Yoga è la stessa scienza che, molte migliaia di anni fa, Krishna insegnò ad Arjuna e che, più tardi, fu noto a Patanjali, Gesù, San Giovanni, San Paolo e altri discepoli.”
Si tratta di una forma di yoga estremamente segreta, le cui tecniche erano riservate solo a un numero limitato di seguaci.
Ecco perché il Kriya Yoga è descritto da Paramahansa Yogananda come segue:
“È un metodo psicofisiologico che, mediante tecniche rigorose, porta a fenomeni di risonanza tra l’essere umano (microcosmo) e il Macrocosmo, che apportano un’enorme quantità di energia nell’universo dell’essere. Ciò determina a livello fisico l’eliminazione dell’anidride carbonica dal sangue ed il suo carico di ossigeno. In questo modo lo yogi può rallentare o addirittura prevenire l’invecchiamento dei tessuti, arrestando l’accumulo di sangue venoso. Gli yogi avanzati trasmutano la materia in energie sempre più raffinate, come l’energia psichica, mentale, ecc.“

Il Kriya Yoga in Oriente e in Occidente
Il Kriya Yoga si è imposto all’attenzione del mondo attraverso l’opera di Paramahansa Yogananda, “Autobiografia di uno Yogi”, pubblicata nel 1946, e attraverso i corsi da lui tenuti in Occidente all’inizio del XX secolo. Yogananda afferma che Patanjali presenta il sistema Kriya Yoga nella sua opera fondamentale, gli Yoga Sutra, in modo criptico. Nel capitolo II, sutra 49 si dice: “La liberazione può essere ottenuta attraverso il pranayama, quando si raggiunge la trascendenza del respiro inspiratorio ed espiratorio“.
Svami Satyananda afferma nella sua opera “Citazioni dal Kriya yoga”: “Il Kriya sadhana può essere definito come la pratica dello stabilirsi nell’Atman“.
Yogananda descrive essenzialmente il Kriya yoga così: “Lo yogi utilizza l’energia sottile della vita, il prana, per evolversi, indirizzandola lungo i sei centri di forza situati lungo sushumna nadi (sottile canale medio, centrale, che passa attraverso la spina dorsale). Nei loro aspetti polari, emissivi e ricettivi, costituiscono i 12 segni o costellazioni dell’uomo interiore, dell’Uomo Cosmico. Gli effetti spirituali di questa circolazione di energia sono immensi. Mezzo minuto di tale pranayama interiore equivale a un anno intero di evoluzione naturale dell’uomo.“

Nel suo commento alla Bhagavad-Gita, Yogananda afferma:
“La scienza del Kriya Yoga fu originariamente data a Manu, il primo uomo. E attraverso lui, tra gli altri, era conosciuta da tutti i grandi saggi vedici, così come dal re Janaka. La sua conoscenza, benché diffusa nell’antichità, è poi andata perduta, a causa della segretezza della casta sacerdotale e dell’indifferenza del popolo.”
Paramahansa Yogananda è il principale allievo di Swami Yukteshwar Giri, a sua volta uno dei discepoli più stretti di Lahiri Mahasaya. Ha ricevuto l’iniziazione al Kriya Yoga dal suo maestro, il leggendario yogi Babaji che, secondo la tradizione, mantiene viva la fiamma del Kriya Yoga.